Epatite
e danni da trasfusione di sangue infetto

Indennizzo ex Legge 210/92
e risarcimento del danno.

L’epatite è un’infiammazione del fegato che provoca dolore e gonfiore e ne compromette la funzionalità. 

Tra le cause più diffuse vi è l’infezione virale.

Nelle gran parte dei casi l’epatite B e/o C appare asintomatica o addirittura quiescente e mantiene tale stato anche per decine di anni, salvo poi manifestarsi con comuni sintomi quali affaticamento, febbre, nausea o vomito, feci chiare, una colorazione gialla degli occhi e della pelle chiamata ittero, urina color scuro.

L’intento di chi scrive non è quello di affrontare il problema dal punto di vista scientifico né di alimentare la cattiva abitudine dell’autodiagnosi: nel caso in cui si abbiano dubbi, è indispensabile rivolgersi prima al proprio medico curante e successivamente anche ad uno specialista.

L’esperienza del nostro Studio ci consente di suggerire quali sono le procedure per tutelarsi nel caso in cui si scopra di avere l’epatite B (o, più correttamente, epatite HBV correlata) o l’epatite C (o epatite HCV correlata).

Coloro i quali hanno contratto l’epatite B o C o l’HIV a seguito di trasfusioni di sangue infetto hanno diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, riconosciuto ai sensi della L. 210/92, ed al risarcimento del danno in sede civile.

Riteniamo che questo sia un principio generale sacrosanto di giustizia sociale e non condividiamo gli orientamenti giurisprudenziali che tendono a restringere l’applicazione delle norme punitive e ad introdurre alcune giustificazioni ed attenuanti: se lo Stato ha sbagliato ed ha causato un danno, lo Stato deve pagare.

L’indennizzo ex L. 210/92 consiste in un assegno bimestrale che si rivaluta di anno in anno (nel 2017 partiva da un minimo di € 1.541,66 fino ad un massimo di € 1.726,38).

L’importo del risarcimento, invece, varia a seconda della gravità del danno.

Chi affronta il calvario che inizia con la diagnosi di epatite non deve sentirsi solo e non deve perdere la speranza e la voglia di combattere, soprattutto al giorno d’oggi, alla luce dei progressi ottenuti dalla scienza medica, che pare aver trovato cure efficaci alla patologia.

La nostra esperienza ci dice che molte persone non hanno cognizione della eziologia: non sono in grado di ricondurre immediatamente l’epatite a trasfusioni di sangue o emoderivati subite decenni prima. Eppure proprio le emotrasfusioni sono state, soprattutto in passato, tra le prime cause di trasmissione di HBV ed HCV: è per questo motivo che si rende necessario fare sempre uno sforzo mnemonico o anche una breve indagine conoscitiva.

Scoperta la presenza del virus, è necessario presentare senza ritardo all’ASL competente l’istanzaper il riconoscimento dei benefici previsti dalla L. 210/92 corredata della documentazione medica (cartella clinica attestante la trasfusione e certificazione con diagnosi di epatite in primis) ed amministrativa necessarie, oltre che di copia di un documento di riconoscimento.

Suggeriamo di compilare il tutto con l’aiuto di un legale esperto in materia, al fine di evitare errori.

L’ASL provvederà dunque ad istruire la pratica e ad inviare la documentazione alla Commissione Medica Ospedaliera competente, la quale dovrà esprimersi, previa visita dell’istante, sul nesso di causalità, sulla gravità del danno e sulla tempestività della domanda.

Nel caso in cui il parere sia negativo su uno o più punti, è possibile proporre ricorso amministrativoentro il breve termine di trenta giorni e successivamente ricorso contro il Ministero della Salute dinanzi al Tribunale competente.